News
Sant'Ignazio di Loyola: tra spiritualità e carità
Il 31 luglio riccorre la memoria di Sant'Ignazio di Loyola, il fondatore della Compagnia di Gesù e il padre degli "Esercizi spirituali". Avviato, in gioventù, a una vita da cavaliere, durante una convalescenza si convertì leggendo alcuni libri cristiani. Il 31 luglio è anche il giorno della sua morte. Fu proclamato santo il 12 marzo 1622 da papa Gregorio XV. Don Nicola De Sena, responsabile della Cura della formazione spirituale della Caritas della diocesi di Nola, approfondisce alcuni dei valori che hanno accompagnato la vita spirituale e umana di Sant'Ignazio.
Don Nicola De Sena: "La carità, oltre ad essere ordinata al bene, per Ignazio deve essere dinamica"
La carità è la virtù teologale che resta per sempre. Così ci ricorda Paolo nella lettera ai Corinzi. Questa dimensione spirituale del credente è stata oggetto di tante riflessioni nel corso dei secoli e, non ultimo, nei testi del grande Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù e grande mistico del ‘500, epoca di grande fermento e rinnovamento, culminato nel Concilio di Trento.
Ignazio è autore di un libretto ricco di numerosi spunti, gli “Esercizi Spirituali”, che nascono dalla sua personale esperienza di meditazione e sono divenuti un vademecum per tutti coloro che vogliono rivivere la stessa esperienza di Ignazio, attraverso la scansione delle quattro settimane.
Centro delle meditazioni non può che essere l’Amore di Dio, che Ignazio richiama in tutte le sue forme; nel suo Principio e Fondamento, che dà il senso a tutto il testo, egli scrive: “L’uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio nostro Signore e, mediante questo, salvare la propria anima” (ES, n.23).
L’uomo, quindi, è sulla terra per salvare la propria anima vivendo nel Signore la sua vita e avendo una relazione sana con tutte le altre cose create. Infatti, Ignazio continua: “e le altre cose sulla faccia della terra sono create per l’uomo, e perché lo aiutino a conseguire il fine per cui è creato” (ES, n.23). In tal senso, il fondatore dei gesuiti aiuta a comprenderci nell’ottica del fine della nostra vita, cioè l’atto creativo del Signore, vissuto nell’amore trinitario.
La caritas, l’agape, l’amore di Dio diventa l’orientamento cardine di ogni scelta, perché scaturisce dall’atto primigenio del Signore. Infatti Ignazio scrive: “Quell’amore che mi muove e mi fa scegliere la cosa discenda dall’alto, dall’amore di Dio; in modo che colui che sceglie senta prima in sé che quell’amore che più o meno ha per la cosa che sceglie è solo per il suo Creatore e Signore” (ES, n.184).
L’amore, quindi, una volta divenuto il fine nel quale si orienta tutta la propria esistenza, e corrobora ogni vocazione, non sarà presente nella vita degli uomini alcun affetto disordinato. Per questo, l’amore orientato al bene, orienta al bene anche l’intenzione, per cui il gesto pratico che sgorga dall’agape, cioè quella che noi chiamiamo carità, rispecchia la purezza dell’amore di Dio.
La carità, oltre ad essere ordinata al bene, per Ignazio deve essere dinamica, perché ciò che spinge ogni sua azione è il magis, cioè la capacità di andare avanti migliorando, l’aumento di questo amore, quasi fosse una sete insaziabile che porti l’uomo a crescere nelle virtù (soprattutto nella carità).
Proprio perché ordinata, la carità per Ignazio è discreta: non sconfina nell’apparenza o in uno zelo apostolico così squilibrato da eccedere in un’ostentazione di se stessi. Non dimentichiamo il profilo di Ignazio: da cavaliere e da soldato, quindi uomo d’azione, ha vissuto l’esperienza dell’uomo mistico; per cui se la sua forza e il suo carisma nasce dalla sua primaria vocazione al comando, la seconda parte della sua esistenza induce Ignazio a scegliere con prudenza, ad usare discernimento per la sua vita personale e per la vita della sua Compagnia.
La carità, in Ignazio di Loyola, non è un semplice misticismo disincarnato, ma diventa centrale nella vita perché è l’orientamento a Dio che ogni uomo sulla terra dovrebbe avere, proprio perché creatura fatta ad immagine e somiglianza del Creatore.
Ignazio stesso, nella famosa preghiera “Prendi e ricevi” ci ricorda ciò che conta: “dammi solo il tuo amore e la tua grazia; e questo mi basta!”.