Riflessioni del Direttore
Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato: la Chiesa vicina agli ultimi
La Giornata mondiale del Migrante è stata istituita nel dicembre 1914, a pochi mesi dall’inizio del pontificato di Papa Benedetto XV, per rendere solidale la Chiesa nei confronti delle migliaia di emigranti italiani che all’inizio del ventesimo secolo cercavano lavoro e condizioni di vita migliori in altri Paesi in Europa, America e Australia. L’invito era a sostenere spiritualmente ed economicamente le opere pastorali che si interessavano di aiutare gli emigranti italiani.
Don Arcangelo Iovino: «Il mio pensiero a tutti gli immigrati di questo mondo»
Nel 1952 il sostegno della Chiesa si amplia anche ai migranti di altre nazionalità trasformando la Giornata da nazionale a mondiale, mentre nel 2004 viene estesa la Giornata anche ai rifugiati. Il mio pensiero, oggi, va a tutti gli immigrati di questo mondo, nessun escluso e senza distinzioni. La mia preghiera giunga a tutte le persone che sono costrette a lasciare la propria casa e il proprio Paese.
Papa Francesco, nel suo messaggio per questa giornata dal titolo “Dio cammina con il Suo popolo”, richiama le analogie tra il popolo d’Israele al tempo di Mosè e i migranti che oggi fuggono da situazioni di oppressione, sopruso, insicurezza e discriminazione, oltre che a causa di mancanza di prospettive e di sviluppo : «È possibile vedere nei migranti del nostro tempo, come in quelli di ogni epoca, un’immagine viva del popolo di Dio in cammino verso la patria eterna. I loro viaggi di speranza ci ricordano che «la nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo (Fil 3,20)».
Inoltre, il Santo Padre ci ricorda che tutti noi siamo migranti in cammino su questa terra. «Dio non solo cammina con il suo popolo, ma anche nel suo popolo, nel senso che si identifica con gli uomini e le donne in cammino attraverso la storia – in particolare con gli ultimi, i poveri, gli emarginati –, come prolungando il mistero dell’Incarnazione [..] per questo, l’incontro con il migrante, come con ogni fratello e sorella che è nel bisogno, è anche incontro con Cristo. Ce l’ha detto lui stesso. È lui che bussa alla nostra porta affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato, chiedendo di essere incontrato e assistito».
Il Cardinale Michael Czerny, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, durante la conferenza di presentazione del messaggio della Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, ha detto: «L’accento posto sulla sua dimensione sinodale, con cui Santo Padre apre il suo Messaggio permette alla Chiesa di riscoprire la propria natura itinerante, di popolo di Dio in cammino nella storia, peregrinante, diremmo “migrante” verso il Regno dei cieli. La Chiesa è in cammino, come lo fu il popolo di Israele nel libro dell’Esodo, liberato dalla terra della schiavitù e a quel punto libero di cercare la Terra Promessa. […] . Oggi, piuttosto che respingere e reprimere chi è in cammino, dovremmo porre attenzione ai fattori di spinta e di richiamo che sono alla base della migrazione forzata. Anche noi, se vivessimo simili pressioni, fuggiremmo».
Il poeta inglese, John Donne, sottintendendo un insegnamento molto cristiano - Ama il prossimo tuo come te stesso - scrive: «Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso; Ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto. Il poeta inglese implicitamente afferma: “Non sei solo, isolato, dal momento che tu esisti», invitandoci a vedere la singola esistenza come parte di un tutto. Ogni vita umana, per quanto piccola e insignificante, è una componente dell’umanità e, in quanto tale, è connessa a ogni frammento dell’esistenza tramite una rete di vibranti concatenazioni.
I versi di Donne, si legge in commento alla poesia, nel corso dei secoli sono stati oggetto di mutevoli interpretazioni dal punto di vista culturale e sociologico. Le parole assumono infatti diverse sfumature soprattutto oggi che la nostra società sembra essere sempre più frammentata e votata all’isolamento. L’individualità fa da padrone nella vita contemporanea ed ecco che allora la citazione di Donne suona come un ammonimento. Viviamo in una società globalizzata eppure malata di solitudine, in cui la comunicazione si trasforma in monologo e non in conversazione. «La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce», scrive Donne, rendendo così ciascuno di noi partecipe di una dimensione maggiore che non ci comprende solo in quanto individui, ma come specie.
Come dichiara Papa Francesco nella sua preghiera conclusiva, è sbagliato diventare egoisticamente possessivi del nostro angolo di dimora terrena temporanea donato da Dio. Gli itineranti, gli esuli, i rifugiati, i migranti di oggi, come quelli di ieri, sono crudelmente provati dalle avversità. Possono essere tentati dal perdere la speranza. Eppure, sull’orlo della disperazione, tanti di loro portano la Bibbia e altri oggetti religiosi. Essi pongono la loro fiducia nell’unica reale ancora di salvezza - Dio - che li accompagna nel loro cammino. Il senso fondamentale del libro dell'Esodo, e di ogni esodo, è che Dio precede e accompagna i suoi figli e le sue figlie, di ogni tempo e luogo, che lo invocano.
Infine, come ci suggerisce papa Francesco, preghiamo invocando il Signore: «Dio, Padre onnipotente, noi siamo la tua Chiesa pellegrina in cammino verso il Regno dei Cieli. Abitiamo ognuno nella sua patria, ma come fossimo stranieri. Ogni regione straniera è la nostra patria, eppure ogni patria per noi è terra straniera. Viviamo sulla terra, ma abbiamo la nostra cittadinanza in cielo. Non permettere che diventiamo padroni di quella porzione del mondo che ci hai donato come dimora temporanea. Aiutaci a non smettere mai di camminare, assieme ai nostri fratelli e sorelle migranti, verso la dimora eterna che tu ci hai preparato. Apri i nostri occhi e il nostro cuore affinché ogni incontro con chi è nel bisogno, diventi un incontro con Gesù, tuo Figlio e nostro Signore».